lunedì 15 dicembre 2008

FESTA DELLA IMMACOLATA CONCEZIONE A NICOTERA MARINA - VV -

Ciao a tutti,
sono rientrato dalle vacanze poche ore fa ma vorrei già ripartire per una nuova avventura, ma purtroppo non si può stare in vacanza sempre, ogni tanto bisogna anche lavorare....... peccato!!
Quest'ultim giorni di vacanza li ho trascorsi in Calabria a Nicotera Marina - VV - per un motivo ben preciso, l'otto di Dicembre è stata festeggiata l' Immacolata Concezione, ed a Nicotera la festeggiano veramente bene.

Una emozione incontrollabile, per chi è credente come me, che veniva da dentro, ho seguito tutta la processone che partiva dalla chiesa del piccolo borgo di marinai dove gli abitanti prendono in spalla la statua raffigurante la Vergine e la portano in giro per tutto il paese fino ad arrivare alla spiaggia dove viene consegnata ai marinai che a loro volta si immergono in acqua fino al torace e continuano la processione lungo il fantastico litorale.
Ma per farvi capire meglio come è nata questa rievocazione storica ripropongo un aticolo scritto da Umberto di Silo e pubblicato sul sito della Pro Loco di Nicotera Marina:

"Il rito, ormai secolare, conserva intatto il fascino degli avvenimenti che parlano direttamente al cuore. Sicché, anche se non riserva alcuna novità, anche quest’anno, in occasione della ricorrenza festiva dell’Immacolata, Marina di Nicotera diventerà meta obbligata per diverse migliaia di fedeli che, provenienti da tutti i centri dell’entroterra, vogliono partecipare a quel tripudio di fede che spinge i pescatori locali a portare in mare la statua lignea della Madonna. La pittoresca processione è sicuramente unica nel suo genere. Ciò sia per le modalità che la caratterizzano, sia per le motivazioni che l’hanno generata. Inoltre quel lungo ed ordinato corteo, nella profonda e mistica partecipazione dei fedeli, dà vita ad un suggestivo e singolare spettacolo che, spontaneo, ha ragione nella profonda devozione dei pescatori nicoteresi. Sono proprio loro, infatti, che ogni anno, quali che siano le condizioni del mare, immergendosi nelle acque gelide fin oltre la cintola, portano la Madonna in processione per un lungo tratto di litorale mentre, in acqua, fanno corona alla Statua numerose barche e, sulla terra, diverse migliaia di fedeli, alzando canti alla Vergine, seguono la processione camminando sull’ampia spiaggia o sulla parallela via marina. La tradizione è antichissima e trae origine dal casuale ritrovamento in acqua della bella scultura. Si racconta, infatti, che proprio la Statua dell’Immacolata che i pescatori nicoteresi portano in processione, sia stata pescata nello specchio di mare antistante l’attuale abitato. All’epoca del ritrovamento della scultura non esisteva ancora il paese. Ciò anche se, come sembra, ancora prima la “marina” era stata abituata da una colonia di spagnoli dediti alla pesca delle spugne che in gran quantità si trovavano sui fondali della scogliera. La zona era immersa nel verde della campagna. solo in prossimità dell’arenile sorgevano poche rustiche baracche di frasche nelle quali i pescatori custodivano le reti ed i vari attrezzi necessari all’esercito della pesca. I marinai nicoteresi, all’epoca, abitavano il rione “Palmenteri” che, abbarbicato sulla collina di granito ed aprendosi come un gran balcone sul mare, consentiva loro di tenere costantemente sotto controllo l’ampio golfo delimitato dal promontorio di Capo Vaticano e dal pittoresco S. Elia di Palmi. Da questo rione collinare, che si apre ad uno stupendo scenario naturale, i pescatori potevano facilmente spaziare con lo sguardo fin nelle dirimpettaie isole Eolie. Una mattina di quasi due secoli addietro, dunque, mentre da “Palmenteri” scrutava il mare, che dopo alcuni giorni di tempesta cominciava a rabbonirsi, un pescatore si accorse che all’altezza dell’odierno rione “marinella” c’era qualcosa che galleggiava. Incuriosito guardò con attenzione: era una cassa di grandi dimensioni. “Ci sarà un tesoro” – pensò l’avvistatore e, insieme ad un suo parente, si affrettò ad imboccare lo stretto sentiero che, tracciato tra enormi massi di granito, conduceva (così come ancora oggi conduce) alla tranquilla borgata marinara. L’episodio, in maniera scarna e con la semplicità che caratterizza i racconti popolari, ci è stato ricostruito dal sig. Giovanni Di Capua che, fattoci conoscere dal prof. Saverio Pagano, oltre ad essere il più anziano pescatore di Nicotera è diretto discendente dell’avvistatore della preziosa cassa. Per questo sin dalla più tenera età, dalla viva voce del nonno, che a sua volta li aveva appresi dall’avo suo, ha conosciuto i particolari del ritrovamento della bella Madonna. D’altra parte del fortuito recupero della statua, ancora oggi sia “i Rinaldi” (soprannome col quale sono conosciuti i componenti della famiglia Di Capua) che gli “Sguizzeri” (nomignolo attribuito ai componenti della famiglia Saladino) vanno orgogliosi. Furono i giovani Di Capua insieme ai coetanei e parenti Saladino, infatti, gli autori dell’importante ma assai casuale recupero della cassa contenente la bella scultura della Madonna. Racconta Giovanni Di Capua : “il mio avo avvistò la cassa mentre, sballottata dalle onde, galleggiava nelle acque antistanti l’attuale “marineja” (“marinella”). Pensò al leggendario tesoro dei pirati ed alla possibilità di arricchire. Ma non essendo egoista chiamò uno “degli Sguizzeri” (vicini di casa oltre che parenti) e insieme a lui, di corsa, scese in marina. Giunti sul litorale, però, i due giovani si accorsero che la cassa, spinta dalle forti correnti, si era spostata di parecchio tanto che, galleggiando, era arrivata fino in prossimità del “Fosso”. Fu proprio qui che il mio antenato e l’amico saladini, - precisa l’anziano Di Capua – con la collaborazione di alcuni familiari che nel frattempo erano accorsi in loro aiuto, poterono recuperare la misteriosa cassa.” In sostanza, la processione in mare, ogni anno, ripercorre lo stesso tragitto che la statua lignea della Madonna, sotto la spinta delle correnti, ha compiuto quel lontano mattino spostandosi dal punto dove è stata avvistata fino a quello dove venne recuperata e portata sulla spiaggia. E’ un rito che i pescatori locali, portando sulle spalle l’Immacolata con devozione profonda, compiono ormai da moltissimi anni, sia per ricordare il ritrovamento della statua sia perché, così facendo, vogliono esternare la loro profonda devozione alla Madre Santissima. Disposti sotto le “stanghe” che fuoriescono dal piedistallo – la “vara” – a cui poter essere portata in processione è necessario fissare la statua, i portatori si lasciano guidare dai due timonieri che, sistemati uno a prua l’altro a poppa di quell’umana imbarcazione, riescono a farla “veleggiare” parallelamente al litorale. Sta all’abilità ed alla maestria dei timonieri (due tra i più anziani ed esperti pescatori) se la statua, durante la processione in acqua, non subisce sbalzi, non registra strattoni o, peggio, non pencola. Nessuno si improvvisa portatore anche se non sono in molti ad aspirare a diventarlo. Ma sotto il piedistallo della Madonna si arriva per eredità. Sicché quasi sempre è il figlio ad occupare il posto che per anni fu del padre, e ancora prima, del nonno. Per consuetudine secolare i pescatori portano in processione la Madonna solo in mare. Sulla terra ferma, invece, se ne occupano altre categorie sociali. Infatti l’Immacolata lascia la omonima parrocchiale sulle spalle di fedeli e di cittadini che svolgono una qualsiasi attività lavorativa sulla terra ferma. Soltanto quando la processione, dopo aver attraversato diverse strade interne, giunge in via marina si fanno avanti i pescatori e, tra scoppi di mortaretti, canti, preghiere e ripetuti “evviva Maria”, prendono in consegna la statua per portarla in acqua e ripetere, così, quel rito di fede e di profonda devozione che ha spinto tutta la gente di mare di Nicotera ad eleggere a sua Protettrice l’Immacolata Concezione. Quando la bella statua, dopo un tragitto in acqua di diverse centinaia di metri, raggiunge l’altezza di contrada “Fosso” i pescatori lasciano il mare e attraversando l’ampio arenile, tornano in via marina. Qui il parroco, dopo che la Madonna viene riaffilata ai “portatori di terra” e prima che la processione percorrendo le rimanenti vie del paese, rientri in chiesa, pronuncia il solenne panegirico di lodi alla Vergine Immacolata. “La festa è nostra – sostiene l’anziano sig. Di Capua – e dei pescatori è anche la statua. Fino a qualche decennio addietro per garantire il sostentamento della chiesa ogni pescatore doveva versare al Parroco il corrispettivo del quarto del pescato. Ora non più. I giovani pescatori, infatti, a seguito del loro mancato inserimento nel comitato dei festeggiamenti, interrompendo una tradizione secolare, circa 25 anni addietro si sono rifiutati di continuare a versare quel contributo. Non si è mai interrotta, invece, la tradizione della processione a mare. Quella – conclude il vecchio e loquace pescatore – finirà quando in Marina non ci sarà un solo uomo di mare o un solo uomo di Fede”. Secondo il racconto del sig. Di Capua, il ritrovamento della statua dell’Immacolata a Nicotera non è il solo registrato in quei giorni. Pare, infatti, che nello stesso periodo altre “Madonne” siano state pescate a Bagnara, a Santa Maria di Ricadi (Capo Vaticano) a Villa San Giovanni, a Tropea e sulla spiaggia dell’odierna San Ferdinando. E’ probabile, dunque, che qualche bottega d’arte napoletana, servendosi dello stesso veliero, abbia contemporaneamente indirizzato a chiese e conventi calabresi e siciliani diverse sculture. Giunta nella stretto di Messina, però, l’imbarcazione si sarebbe imbattuta in un fortunale così violento da mandarla alla deriva facendole perdere l’intero carico. Le correnti marine, poi, avrebbero provveduto al resto facendo prendere direzioni diverse a quelle casse che, in seguito, sono state fortunatamente avvistate e salvate da pescatori di varie località. Per quanto attiene la statua dell’Immacolata di Nicotera pare che alcuni mesi dopo il suo ritrovamento siano giunti in Marina due signori i quali, dichiarandosi legittimi proprietari, pretendevano la restituzione della scultura. Stando al racconto popolare, però, non riuscirono a smuoverla dal piedistallo su cui i pescatori del luogo avevano provveduto a sistemarla all’interno della chiesetta che, - come si rileva dalle “Relaziones ad limina” del 1755 – “diruta la chiesa del monastero di san Francesco d’Assisi dove gli abitanti del luogo solevano ascoltare la messa”, su iniziativa del Vescovo Mons. Francesco Franco fu edificata “per dare il comodo della Messa ai cittadini” che cominciavano ad abitare il villaggio marinaro. Bisogna, però aspettare il1819 perché gli abitanti della “Marina” raggiungano le 200 unità. Naturale, dunque, che le risorse economiche di quella chiesa fossero assai scarse. Per questo quando, a seguito del “flagello2 del 1783, il Marchese di Fuscaldo fu nominato Vicario generale in Calabria, le assegnò la rendita della soppressa parrocchia di Motta Filocastro e, contemporaneamente, nominò un economo che ebbe la cura spirituale di quella comunità fino a quando, il 27 settembre del 1834, il Vescovo Mons. Michelangelo Franchini non elevò la chiesa a parrocchia. Nel frattempo, però, come si rileva da una iscrizione marmorea, nel 1800 il sacerdote nicoterese Giovanni de Luca ricostruì la chiesa e, poi, nel 1832 la completò del nuovo altare. Fino al 1832 il tempio era dedicato all’Annunziata. Il cambio di denominazione della chiesa è stato determinato sia dal fatto che il ritrovamento della statua dell’Immacolata da tutti i nicoteresi è stato interpretato come un segno della volontà divina sia dalla unanime disponibilità dei pescatori al mantenimento del parroco. In un documento della Curia Vescovile, in cui viene ricordata la “bolla di fondazione” della parrocchia, si legge, infatti, che fin dai tempi della sua istituzione “i padroni di barca di Marina si sono obbligati a somministrare in perpetuo all’arciprete pro tempore una annua prestazione denominata “quarta” del pescato.” Come si è detto, tale convenzione è stata scrupolosamente osservata fino ad alcuni lustri addietro da tutti i proprietari di barche. Essi erano convinti che, così facendo, la loro pietà e il loro culto verso la Gran Madre di Dio sotto il titolo dell’Immacolata sarebbero stati una valida protezione ed una sicura difesa per loro e per le loro famiglie. E poiché i proprietari di barche e, nel loro piccolo, anche i semplici pescatori, con le loro prestazioni hanno validamente contribuito alla sviluppo della Chiesa ed all’onesto sostentamento dell’Arciprete pro tempore, hanno meritato un trattamento di favore godendo di particolari diritti. A questi ultimi faceva esplicito riferimento Giovanni Di Capua allorché, insieme all’altro pescatore anziano Francesco Tripodi, riferiva che, in virtù di uno “strumento” (atto notarile) sottoscritto dal parroco del tempo, dai proprietari di barche e dai semplici pescatori, “i padroni di barca e le loro rispettive mogli, in caso di morte avevano diritto ad un solenne funerale gratuito. In particolare avevano diritto a quattro rintocchi di campana a morto, (il primo dei quali per annunciare l’avvenuto decesso), all’accompagnamento con croce d’argento e confraternita ed all’accompagnamento da parte dell’arciprete fino al cimitero.” Diverso il trattamento per i pescatori che, sforniti di barca propria, prestavano la loro opera per conto terzi. Poiché anche essi contribuivano al mantenimento della parrocchia, comunque, “avevano diritto ad un solo rintocco di campana a morto per annunciare il decesso e ad un altro al momento del trasporto del cadavere dalla casa in chiesa. Avevano anche diritto alla Messa funebre solenne.” Nel “Concordato” era precisato pure che l’arciprete, la domenica e nei giorni di festa, era obbligato ad “aspettare che tutte le barche fossero tornate dalla pesca, prima di celebrare la Santa Messa. Ciò al fine di assicurare a tutti i pescatori la possibilità di partecipare al sacro rito”. Dall’ammontare della “quarta” che i singoli padroni di barche avevano accantonato nel corso dell’intero anno e avevano offerto alla chiesa, il parroco era tenuto a dare pubblica comunicazione ai fedeli durante la messa “cantata” dell’otto dicembre. * * * Oggi, tra la gente di mare di Nicotera la “quarta” e i “diritti di campana” sono solo un ricordo. Continua, invece, ad essere concreta realtà la processione a mare dell’otto dicembre. Tutto ciò perché fulgida e salda è la venerazione per la Madonna dell’Immacolata che, con immutata Fede, i pescatori di questo incantevole lembo di Calabria seguitano a festeggiare come loro Protettrice. E in un’epoca in cui sembra che gli uomini hanno smarrito la via dei valori, notare che i giovani che partecipano alla suggestiva processione nicoterese sono sempre più numerosi, è la concreta dimostrazione che l’umanità, in ogni tempo, per sentirsi pienamente realizzata, ha soprattutto bisogno di soddisfare le sue esigenze spirituali."

Se avete la fortuna di andare in Calabria per questo avvenimento preparatevi a vedere una festa molto partecipata e dopo la cerimonia sedetevi a tavola per mangiare tanto e bene come solo in questi eccezionali posti sanno fare.